Un Alpino a New York
… in realtà eravamo molti più di uno, ma volevo prendere in prestito il titolo di una bella canzone di Sting di qualche anno fa che parlava di un English man in New York, un Inglese a New York.
Penna o no in testa, è indubbio che la Grande Mela, e gli USA in generale, generano una specie di attrazione particolare in chi non c'è mai stato, come il sottoscritto, così non si poteva non rispondere all'invito che gli Alpini di New York hanno fatto al Coro della Brigata Alpina Tridentina in congedo, del quale mi onoro di far parte, e così siam partiti, tutti insieme, da Malpensa, per partecipare alla Convention degli Alpini di USA e Canada e alla Parata del Columbus Day.
Le attese sono tante, magari anche un po' influenzate da racconti e telefilm: l'arrivo non sembra molti diverso da altre grandi città, col loro aeroporto e i mezzi di collegamento.
All'uscita della metropolitana già le cose cambiano: l'estensione verso l'alto della città, del quartiere di Manhattan dov'eravamo noi, va oltre le previsioni: si fatica a immaginare che la nostra penna, che si eleva fino alle alte vette, possa arrivare anche alla cima dei grattacieli. Ma ci arriva eccome, sull'Empire State Building e al Top of the Rock del Rockefeller Center.
Quel che risalta è il contrasto che si vede on po' ovunque a New York: quello tra gli enormi e moderni grattacieli in vetro a specchio che circondano vecchi palazzi o grattacieli d'inizio secolo in intonaco che appaiono quasi minuscoli; quello tra il lusso delle hall dell'albergo e la quasi insufficiente qualità delle camere; quello della flessibilità del capotreno che ci improvvisa una fermata non prevista a Broadway (poco distante dovevamo tenere un concerto) e la severità dei controlli per entrare in un museo; quello tra le enormi e lucidissime limousine che popolano la Fifth Avenue e Time Square la sera e i risciò che trasportano turisti dentro e fuori Central Park; e quello tra i reparti di soldati e cadetti, le majorettes e i carri danzanti alla Parata del Columbus Day. L'accoglienza degli Alpini d'oltre oceano è cordialissima, all'alpina: si è subito in sintonia, solo che invece di parlare di Naja si parla dell'Italia, della loro emigrazione, degli anni lontano da parenti e amici e dal suolo italiano. E anche con i loro figli, che magari in Italia sono stati pochi giorni in tanti anni, non è diverso.
Visitando la città invece il cappello dà luogo a un'infinità di domande da parte degli americani: chi chiede da dove arriviamo, chi lo scambia per il cappello dei cacciatori tirolesi, chi addirittura ci associa a Robin Hood... ma del resto forse un po' è anche vero, gli Alpini non sono forse dalla parte dei deboli?
Girando per New York, due sono i luoghi che si devono visitare sicuramente.
Il primo è Central Park: un parco talmente grande da far dimenticare di essere in una grande metropoli, almeno fino a che un gruppo di grattacieli non fa capolino da dietro le piante, dove i newyorkesi vanno a correre, camminare, mangiare, giocare, dormire, riposarsi, con la compagnia di una moltitudine di scoiattoli che si avvicinano cauti all'uomo sperando in una nocciolina.
Il secondo è Ground Zero.
Non c'è nulla a Ground Zero, c'è solo un cantiere tutto recintato e controllatissimo da polizia e telecamere.
C'è una moderna torre in costruzione.
C'è il ricordo di due torri che non ci sono più, e il ricordo di 3000 persone che sono scomparse in un attimo.
C'è la facciata di una casa di due o tre piani martoriata, probabilmente, dai detriti delle torri che si accasciavano al suolo sotto il peso della follia umana.
C'è una stazione dei Pompieri, con una targa in bronzo con le sei immagini di sei uomini che sorridevano.
C'è un monumento, una lastra di bronzo di almeno una ventina di metri, che ricorda e racconta un giorno di dieci anni fa che nessuno potrà comunque dimenticare.
C'è una persona che per campare racconta la sua storia di sopravvissuto e vende una pubblicazione e un cd di fotografie e documenti per dieci dollari.
C'è la chiara sensazione di trovarsi in un posto che ha cambiato il mondo.
E c'è l'eco del Coro della Brigata Alpina Tridentina che una sera ha cantato il Signore delle Cime e l'Ave Maria lì, dove un silenzio quasi irreale ha preso il posto della frenetica vita di New York.
Penna o no in testa, è indubbio che la Grande Mela, e gli USA in generale, generano una specie di attrazione particolare in chi non c'è mai stato, come il sottoscritto, così non si poteva non rispondere all'invito che gli Alpini di New York hanno fatto al Coro della Brigata Alpina Tridentina in congedo, del quale mi onoro di far parte, e così siam partiti, tutti insieme, da Malpensa, per partecipare alla Convention degli Alpini di USA e Canada e alla Parata del Columbus Day.
Le attese sono tante, magari anche un po' influenzate da racconti e telefilm: l'arrivo non sembra molti diverso da altre grandi città, col loro aeroporto e i mezzi di collegamento.
All'uscita della metropolitana già le cose cambiano: l'estensione verso l'alto della città, del quartiere di Manhattan dov'eravamo noi, va oltre le previsioni: si fatica a immaginare che la nostra penna, che si eleva fino alle alte vette, possa arrivare anche alla cima dei grattacieli. Ma ci arriva eccome, sull'Empire State Building e al Top of the Rock del Rockefeller Center.
Quel che risalta è il contrasto che si vede on po' ovunque a New York: quello tra gli enormi e moderni grattacieli in vetro a specchio che circondano vecchi palazzi o grattacieli d'inizio secolo in intonaco che appaiono quasi minuscoli; quello tra il lusso delle hall dell'albergo e la quasi insufficiente qualità delle camere; quello della flessibilità del capotreno che ci improvvisa una fermata non prevista a Broadway (poco distante dovevamo tenere un concerto) e la severità dei controlli per entrare in un museo; quello tra le enormi e lucidissime limousine che popolano la Fifth Avenue e Time Square la sera e i risciò che trasportano turisti dentro e fuori Central Park; e quello tra i reparti di soldati e cadetti, le majorettes e i carri danzanti alla Parata del Columbus Day. L'accoglienza degli Alpini d'oltre oceano è cordialissima, all'alpina: si è subito in sintonia, solo che invece di parlare di Naja si parla dell'Italia, della loro emigrazione, degli anni lontano da parenti e amici e dal suolo italiano. E anche con i loro figli, che magari in Italia sono stati pochi giorni in tanti anni, non è diverso.
Visitando la città invece il cappello dà luogo a un'infinità di domande da parte degli americani: chi chiede da dove arriviamo, chi lo scambia per il cappello dei cacciatori tirolesi, chi addirittura ci associa a Robin Hood... ma del resto forse un po' è anche vero, gli Alpini non sono forse dalla parte dei deboli?
Girando per New York, due sono i luoghi che si devono visitare sicuramente.
Il primo è Central Park: un parco talmente grande da far dimenticare di essere in una grande metropoli, almeno fino a che un gruppo di grattacieli non fa capolino da dietro le piante, dove i newyorkesi vanno a correre, camminare, mangiare, giocare, dormire, riposarsi, con la compagnia di una moltitudine di scoiattoli che si avvicinano cauti all'uomo sperando in una nocciolina.
Il secondo è Ground Zero.
Non c'è nulla a Ground Zero, c'è solo un cantiere tutto recintato e controllatissimo da polizia e telecamere.
C'è una moderna torre in costruzione.
C'è il ricordo di due torri che non ci sono più, e il ricordo di 3000 persone che sono scomparse in un attimo.
C'è la facciata di una casa di due o tre piani martoriata, probabilmente, dai detriti delle torri che si accasciavano al suolo sotto il peso della follia umana.
C'è una stazione dei Pompieri, con una targa in bronzo con le sei immagini di sei uomini che sorridevano.
C'è un monumento, una lastra di bronzo di almeno una ventina di metri, che ricorda e racconta un giorno di dieci anni fa che nessuno potrà comunque dimenticare.
C'è una persona che per campare racconta la sua storia di sopravvissuto e vende una pubblicazione e un cd di fotografie e documenti per dieci dollari.
C'è la chiara sensazione di trovarsi in un posto che ha cambiato il mondo.
E c'è l'eco del Coro della Brigata Alpina Tridentina che una sera ha cantato il Signore delle Cime e l'Ave Maria lì, dove un silenzio quasi irreale ha preso il posto della frenetica vita di New York.
Tiberio